VALUTAZIONI E MISURAZIONI CORPOREE

VALUTAZIONI E MISURAZIONI CORPOREE


MISURE ANTROPOMETRICHE
B.M.I.
L’indice BMI (Body Mass Index), che correla la massa alla statura, è di largo uso in campo clinico per determinare se il soggetto rientra nei range di normalità. Il suo limite è che non tiene conto della composizione corporea.
Il BMI si correla abbastanza bene con la percentuale di grasso corporeo. Tale indice si calcola come segue: BMI= [massa corporea (Kg)] / [statura al quadrato (m²)].
Valori di riferimento
Sottopeso
< 18
Normopeso
da 18 a 25
Sovrappeso
da 25 a 30
Obesità di classe I (moderata)
da 30 a 35
Obesità di classe II
da 35 a 40
Obesità di classe III
BMI > 40


PLICOMETRIA E PESATA IDROSTATICA
Il corpo di un individuo è composto da diverse componenti, le maggiori sono le ossa, gli organi, i muscoli e i grassi. La quantità o percentuale di grasso presente nel corpo è di grande interesse per tutti, in quanto indice di buon stato di forma fisica, salute e longevità.
Forse l'informazione più importante ottenuta dal controllo della % di grasso è la possibilità di determinare i cambiamenti che avvengono nel tessuto muscolare, infatti conoscendo la propria percentuale di grasso è anche possibile dedurre la percentuale di massa magra ed, eventualmente, scegliere l’allenamento adatto alla situazione.
Se per esempio una persona ha il 20% di grasso e pesa 100 Kg, allora 20 kg di questo è grasso.

METODI DI MISURAZIONE
Esistono due metodi principali che sono abbastanza accurati per la maggior parte della gente. Uno di questi è la pesata idrostatica e l'altro sono le valutazioni fatte col plicometro.
La pesata idrostatica tende ad essere più accurata rispetto al plicometro per le persone che hanno una percentuale di grasso di circa 40-50%.
Per le persone che hanno una percentuale fra il 15% e il 40% il plicometro e la pesata idrostatica sono praticamente uguali in precisione.
Per le persone al di sotto del 15%, la pesata idrostatica diventa progressivamente meno accurata e può sbagliare di parecchio con le persone molto snelle. La plicometria è quindi il metodo più preciso per le persone al di sotto di 15% di grasso corporeo.
La pesata idrostatica si avvale del principio di Archimede per restituire utili parametri valutativi a seguito dell'immersione completa di un soggetto in acqua. Ha i suoi punti deboli nel potenziale errore derivante dal calcolo dei volumi gassosi residui nei polmoni, o dai gas intestinali, o ancora dal parametro densità ossea che è valutato come costante, ma anche del reale volume dell'acqua, che può variare se la temperatura non è correttamente controllata.

COME UTILIZZARE IL PLICOMETRO
Il plicometro è uno strumento che misura lo spessore di una plica cutanea con il suo substrato di grasso. Effettuando tale rilevazione nelle zone chiave (o punti di repere), rappresentative della quantità totale di grasso presente nel corpo, è possibile fare la stima del totale, in percentuale, dei grassi di una persona.
I plicometri hanno delle molle che esercitano una certa pressione sulla plica cutanea, generalmente 10 gr. per ogni millimetro quadrato, ed una scala precisa che misura lo spessore in millimetri. E' importante porre il plicometro il più vicino possibile alle zone chiave per ogni misurazione.



[1] Pettorale: La pliche è misurata diagonalmente (in linea con il bordo del muscolo pettorale). Prendi la misura sul bordo laterale del muscolo pettorale, a metà tra il capezzolo e la linea ascellare anteriore.
[2] Addominale: la pliche è misurata verticalmente, circa 25 mm a destra dell'ombelico.
[3] Coscia: la pliche è misurata verticalmente, sulla parte frontale della coscia, nel punto intermedio tra l'articolazione dell'anca e del ginocchio.
[4] Tricipite: la pliche è misurata verticalmente, nel punto intermedio tra l'articolazione della spalla e del gomito.
[5] Soprailiaca: la pliche è misurata diagonalmente, appena sopra alla creata iliaca, con una inclinazione di circa 30°.
[6] Subscapolare: la pliche è misurata diagonalmente, appena al di sotto del margine inferiore della scapola, con una inclinazione di 45°.
[7] Ascella: la pliche è misurata verticalmente, appena sotto il solco ascellare, a livello del capezzolo.



CIRCONFERENZE
Utilizzo di un semplice metro da sarto senza comprimere i tessuti (altrimenti si sottostima la misura). La misura va ripetuta tre volte per poi prendere il valore medio.
Gli errori delle circonferenze aumentano nei soggetti molto esili o molto grassi quindi a persone che si dedicano da lungo tempo a sport di resistenza o di potenza.
In associazione alla plicometria, tale tecnica, consente una visione dell’aumento/diminuzione di grasso e massa magra.

[1] Petto: La misurazione viene effettuata orizzontalmente in linea con i capezzoli.
[2] Addome: La misurazione viene effettuata orizzontalmente a circa 1 cm. sopra l'ombelico.
[3] Anche: La misurazione viene effettuata orizzontalmente a gambe chiuse includendo i glutei.
[4] Cosce: La misurazione viene effettuata orizzontalmente appena sotto i glutei all'inizio dell'arto.
[5] Braccio: La misurazione viene effettuata orizzontalmente nel punto intermedio tra la spalla ed il gomito avendo il palmo rivolto in avanti ed il braccio disteso.
[6] Polso: La misurazione viene effettuata orizzontalmente nel punto di circonferenza massima.
[7] Polpaccio:
La misurazione viene effettuata orizzontalmente nel punto intermedio tra il ginocchio e la caviglia nel punto di massima circonferenza.
                                                 


W.H.R.
L’indice WHR (Waist hip Ratio) esprime il rapporto tra la circonferenza della vita e dei fianchi.
Anche questo indice viene adottato in campo medico per valutare la distribuzione corporea del tessuto adiposo, specialmente per chi soffre di obesità androide. Semplice e veloce, sopperisce in parte alle carenze del BMI.
La misurazione si effettua con l’ausilio di un normale metro da sarto.
Secondo le linee guida europee la circonferenza non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e 88 cm nelle donne. Per considerarsi in buona salute, il rapporto vita fianchi per le donne non deve superare lo 0,7, per gli uomini lo 0,9.
La misurazione si esegue nel seguente modo: vanno calcolate le circonferenze della vita (punto più stretto) e dei fianchi (punto più largo). Esempio: donna con girovita di 67 cm e fianchi di 112 cm, il WHR sarà (67/112) pari a circa 0,6.

B.I.A.
La BIA (bio-impedance analysis) è un’analisi strumentale che permette di valutare lo stato nutrizionale dei tessuti corporei e di stabilire con precisione il rapporto fra massa grassa e massa magra.
Prima ancora di considerare la quantità di massa grassa è necessario conoscere l'idratazione e la quantità di massa magra metabolicamente attiva.
Solo così è possibile valutare lo stato nutrizionale di una persona, ovvero gli effetti dell’alimentazione
 e dello stile di vita sul suo fisico e metabolismo.
La BIA (come analisi della composizione corporea con bioimpedenziometro) è il modo più rapido per fare questo: lo strumento trasmette al corpo una impercettibile scarica elettrica, che consente di misurare il contenuto e la ripartizione dell'acqua corporea.
La bilancia è uno strumento sensibile ma non fornisce una misura specifica (cioè, non indica la composizione del peso).
La BIA, invece, fornisce una misura allo stesso tempo sensibile e specifica. Non ci dice solo quanto pesiamo, ma anche di cosa è fatto il nostro peso.
Tale misurazione è utile anche per chi vuole aumentare la massa magra
: questa analisi è il modo migliore per verificare l'effetto della dieta e dell’attività di potenziamento svolta in palestra.
La BIA usa un modello tri-compartimentale: per la stima della composizione corporea il corpo è suddiviso in massa grassa e massa magra; nell’ambito di quest’ultima si distingue il liquido cellulare e quello extra-cellulare, responsabile della ritenzione idrica e della cellulite.
Il regolare monitoraggio della composizione corporea consente di osservare le variazioni quantitative della massa grassa e le variazioni qualitative dell'idratazione, eventualmente segnalando la necessità di perfezionare la dieta.
Per ottimizzare la massa corporea, infatti, è necessario ridurre la massa grassa e conservare il muscolo. Allo stesso tempo, si potrà ottimizzare il rapporto tra liquidi intra ed extra-cellulari.

CALORIMETRIA
La calorimetria misura il dispendio energetico a riposo REE (Resting Energy Expenditure) ovvero la quantità di calorie necessarie per lo svolgimento delle funzioni vitali.
È indispensabile conoscere tale valore per impostare un piano dietetico mirato alle esigenze nutrizionali individuali.
La maggior parte delle persone in sovrappeso può perdere peso con una dieta pari al metabolismo misurato.
Il metabolismo basale può essere misurato attraverso la calorimetria diretta (camera calorimetrica) oppure tramite quella indiretta (calorimetro). Il termine calorimetria significa letteralmente misura del calore come effetto di reazioni biochimiche che avvengono all’interno dell’organismo.
La calorimetria diretta permette di valutare la spesa energetica a partire dalla misurazione della dispersione di calore di un soggetto posto all’interno di una stanza adeguatamente attrezzata. Purtroppo gli alti costi ne limitano notevolmente l’impiego che è generalmente confinato alla convalida di altre metodiche.
La calorimetria indiretta è la metodica che consente di valutare la spesa energetica attraverso la misurazione delle variazioni di concentrazione di ossigeno e anidride carbonica nei gas respiratori e di calcolare inoltre l’ossidazione dei substrati energetici (glucidi, lipidi, protidi).

DEXA
Oggi esistono tecniche radiografiche come la DEXA, la TAC e l'MRI che permettono di visualizzare e misurare direttamente le variabili della composizione corporea (tessuto adiposo, osseo e muscolare).
Il principale limite di queste attrezzature è quello di essere poco accessibili e molto costose.
Si basa sul principio dell'attenuazione differenziale di un fascio di raggi X, a due livelli energetici, al passaggio attraverso i tessuti. Questa attenuazione è registrabile e correlata alla composizione corporea del soggetto esaminato.
La dose di radiazione per singolo esame è minima. Vi è quindi assenza di rischi per il paziente ed è possibile ripetere l'esame a breve distanza di tempo.
Il suo attuale utilizzo è soprattutto nel campo della determinazione della densità ossea (patologia osteoporotica), ma ha una altissima precisione anche nella valutazione dello stato nutrizionale dell'atleta.

La DEXA permette di effettuare:
1) Una valutazione in peso e in percentuale della massa magra e della massa grassa nei differenti distretti corporei. E' pertanto possibile determinare le zone di accumulo di grasso e quantificare il loro peso in grammi.
2) Una valutazione selettiva nei diversi distretti corporei dello stato di mineralizzazione ossea.

TIPOLOGIE DI BILANCE
Il prodotto più adatto alle vostre esigenze va scelto in base a vari elementi, ma prima di tutto dovete ricordare che il peso durante la stessa settimana può variare notevolmente a causa della ritenzione idrica, la prima causa del gonfiore specialmente per le donne, ed è per questo che è consigliabile pesarsi una sola volta a settimana per non alimentare ansie inutili.
Le bilance elettroniche in commercio ormai sono precise e affidabili, ma sfortunatamente molto più delicate rispetto alle classiche meccaniche, che possono essere facilmente riportate allo zero grazie alla pratica rotella posizionata solitamente sotto la placca con l’ago. La bilancia elettronica più diffusa in commercio ha una precisione che solitamente arriva sino ai 100 grammi.
Riepiloghiamo: l’elettronica ha una precisione maggiore per quel che riguarda i grammi, ma è più delicata. È sensibile al vapore, e quindi rischia di rovinarsi se conservata in bagno (il luogo dove è più frequente pesarsi), ed ha bisogno di un pavimento perfettamente allineato oltre che di batterie sempre cariche, perché ambedue gli elementi potrebbero portare ad una errata misurazione.
La meccanica potrebbe non essere tarata altrettanto bene, ma una volta puntato l’ago sullo zero, potete stare sicuri che ricomincerà a funzionare come sempre.
La cosa fondamentale da fare è, quindi, non tanto decidere se utilizzare l’una o l’altra, ma continuare a pesarsi sempre con la stessa bilancia, e non cercare mai di verificare con le altre. Bisogna scegliere una bilancia e rimanerle fedele per tutta la durata della dieta.

VO2MAX E CAPACITÀ AEROBICA/ANAEROBICA
La massima potenza aerobica è equivalente alla massima quantità di ossigeno che può essere utilizzata nell'unità di tempo da un individuo (O/t), nel corso di una attività fisica coinvolgente grandi gruppi muscolari, di intensità progressivamente crescente e protratta fino all'esaurimento.
Viene in genere espressa come Vo2Max : il massimo volume di ossigeno consumato per minuto (VO/m), tra l’altro stimabile mediante il test di Cooper.
Prendendo in considerazione un soggetto sedentario di 70Kg e con FC a riposo di 70 bpm in un giorno il suo cuore pulserebbe:

  • Battiti in 24h= (70bpm x 60min) x 24= 100.800
  • Dopo l’allenamento ottiene una FC a riposo di 65 bpm:
  • Battiti in 24h = (65 bpmx 60min) x 24 = 93.600

A questi, se aggiungiamo quelli durante la seduta di allenamento al 75% del VO2max, ovvero160 bpm per 60 min, otteniamo:
(160 bpm – 65 FC riposo) x 60min= 5700
Sommando otteniamo:
93.600 b/24h + 5700 b/allenamento = 99.300 b/24h
In totale:
100.800 b/24h – 99.300 b/24h= 1500 b/24h
In conclusione, in due giorni, avendo solo 5 bpm in meno, il cuore dell’allenato lavorerà meno del sedentario.

Mentre la capacità anaerobica indica la capacità di lavorare con alte concentrazioni di lattato nel sangue, la capacità aerobica (anche resistenza aerobica) indica la capacità dell’individuo di protrarre a lungo un lavoro, in presenza di idonei substrati energetici, e facendo ricorso al solo metabolismo aerobico.
La potenza aerobica è valutabile con il VO2max (massimo consumo di ossigeno utilizzabile dall’organismo per produrre lavoro) espresso in ml riferiti ad un kg di peso corporeo.

TEST DI COOPER
Il test di Cooper è un test utilizzato nell'attività sportiva a livello agonistico e amatoriale.
Fu creato da Kenneth H. Cooper, medico della Nasa, nel 1968 per usi militari.
Nella sua forma originale, il test prevede che si corra per dodici minuti cercando di coprire la massima distanza possibile, ovviamente in piano. Questo test intende misurare le condizioni dell'atleta che svolge il test, e per un risultato attendibile il soggetto dovrebbe correre con un passo costante, piuttosto che fare una serie di sprint.
I risultati del test danno una stima approssimata delle condizioni fisiche di una persona. I possibili risultati del test sono Molto bene, Bene, Normale, Male e Malissimo. Il risultato si basa sulla distanza percorsa dal soggetto sottoposto al test in 12 minuti di corsa, la sua età e il suo sesso. Il test di Cooper sviluppa una delle capacità condizionali, la resistenza. In generale, questo test è molto facile da svolgere, ed anche abbastanza economico, specialmente se fatto in grandi gruppi. D'altro canto, i risultati sono basati sulla motivazione dell'atleta nel momento della prova e dal suo livello di allenamento.
Esistono diverse tabelle che indicano i risultati del test di Cooper. Le seguenti tre si riferiscono a persone di età comprese tra i 13 e 20 anni (la prima), tra i 20 e i 50 (la seconda) e per i più sportivi (la terza):
Test di Cooper (13 - 20 anni)



Molto bene
Bene
Normale
Male
13-14        
M
2700+ m
2400 - 2700 m     
2200 - 2399 m     
2100 - 2199 m     
F
2000+ m
1900 - 2000 m     
1600 - 1899 m     
1500 - 1599 m     
15-16        
M
2800+ m
2500 - 2800 m     
2300 - 2499 m     
2200 - 2299 m     
F
2100+ m
2000 - 2100 m     
1900 - 1999 m     
1600 - 1699 m     
17-20        
M
3000+ m
2700 - 3000 m     
2500 - 2699 m     
2300 - 2499 m     
F
2300+ m
2100 - 2300 m     
1800 - 2099 m     
1700 - 1799 m     

Test di Cooper (20 - 50 anni)



Molto bene
Bene
Normale
Male
20-29        
M
2800+ m
2400 - 2800 m     
2200 - 2399 m     
1600 - 2199 m     
F
2700+ m
2200 - 2700 m     
1800 - 2199 m     
1500 - 1799 m     
30-39        
M
2700+ m
2300 - 2700 m     
1900 - 2299 m     
1500 - 1899 m     
F
2500+ m
2000 - 2500 m     
1700 - 1999 m     
1400 - 1699 m     
40-49        
M
2500+ m
2100 - 2500 m     
1700 - 2099 m     
1400 - 1699 m     
F
2300+ m
1900 - 2300 m     
1500 - 1899 m     
1200 - 1499 m     
50+
M
2400+ m
2000 - 2400 m     
1600 - 1999 m     
1300 - 1599 m     
F
2200+ m
1700 - 2200 m     
1400 - 1699 m     
1100 - 1399 m

Test di Cooper (atleti professionisti)


Molto bene
Bene
Normale
Male
Maschi
3700+ m
3400 - 3700 m     
3100 - 3399 m     
2800 - 3099 m     
Femmine
3000+ m
2700 - 3000 m     
2400 - 2999 m     
2100 - 2399 m     
I risultati del test possono essere utilizzati per stimare il massimo consumo di ossigeno (VO2 Max) utilizzando la seguente formula, dove d è la distanza percorsa in metri:


FREQUENZA CARDIACA (FC)
La FC detta anche (HR in inglese) corrisponde al numero di battiti cardiaci per minuto (bpm). Ogni ciclo cardiaco comprende una fase di contrazione (sistole) e una di riempimento (diastole) essa è reperibile sia dal polso (radiale) che dal collo (carotideo).
La FC si modifica sotto l’azione del sistema nervoso autonomo per rispondere alle richieste di ossigeno di muscoli e organi; aumenta sotto sforzo e diminuisce nel sonno.
L’aumento della FC oltre la soglia dei 90 bpm è denominata tachicardia, mentre con un valore inferiore ai 55 bpm è definita bradicardia (il “cuore d’atleta”, tipico dei soggetti allenati).
Essa è individuabile sia direttamente, attraverso test alle macchine, sia indirettamente con appositi test che vedremo di seguito.

FORMULA DI ASTRAND
FC max = 220 – età (UOMINI) / 226 – età (DONNE)

FORMULA DI KARVONEN (più precisa)
HRR = FC riposo + [ (FC max – FC riposo) x % di lavoro ]

Esempio:
individuo di 35 anni di età con FCriposo di 50 battiti  che desidera individuare la frequenza cardiaca del suo fondo lento al 70%
50 + [(185 -50) x 70/100 = 144.5 = 145 battiti al minuto

CADIOFITNESS E DIMAGRIMENTO
Iniziamo col dire che un allenamento cardio senza l’utilizzo del cardiofrequenzimetro si dimostrerà in gran parte “inutile” questo per il semplice motivo che non si ha la minima idea del range di battiti cardiaci in cui ci troviamo, di conseguenza non è possibile determinare nessun parametro.
Un semplice parametro però lo si può calcolare facilmente, grazie alla formula di Cooper/Astrand che determina appunto la FC max.

FC max (frequenza cardiaca massima) = 220 – età

Da qui possiamo stabilire 3 diversi range di battiti cardiaci ed ognuno corrisponde ad un diverso lavoro aerobico:

< 60% = Troppo blando
60% = Capillarizzazione
65%-75% = Processo di lipolisi (scioglimento dei grassi, quindi dimagrimento)
75%-85% = Cardiovascolare
>85% = Troppo pesante (utilizzo di glucidi)

Da questo semplice schema capiamo subito che fare una camminata sul tappeto non e come una corsetta o come una corsa ad alti livelli; ma andiamo ad analizzare ogni range di battiti.
<60% (Riscaldamento)
Un lavoro alle macchine cardio al di sotto del 60% non porta assolutamente a niente si sostanziale ma lo si può usare come riscaldamento per soggetti, già considerati ectomorfi e quindi con grandi difficoltà ad aumentare di peso, inoltre, se ci si mette un lavoro cardio che gli aumenta il consumo di massa magra, l’impresa diverrà ancora più complessa.

60% (Capillarizzazione)
Un lavoro cardio mantenuto stabile a circa il 60% del proprio FC max, contribuisce alla formazioni di nuovi capillari nei muscoli, ovvero quei vasi che portano il corretto nutrimento al singolo muscolo, e più se ne formano maggiore è il nutrimento che riceve il muscolo che sia ossigeno indispensabile per il processo di glicolisi aerobica.

65-75% (Processo di lipolisi)
ll 65-75% della F.C. MAX è detta frequenza allenante lipolitica: se protratta per almeno 20 minuti continuati d’attività aerobica, grazie a diversi sistemi energetici innesca una reazione chiamata ciclo di krebs che come fonte principale d’energia utilizzerà i grassi corporei e ci aiuterà a dimagrire senza perdere massa muscolare.
Questa è la zona cardiaca interessata al dimagrimento e come scritto in precedenza è necessario che il lavoro aerobico si protragga per almeno 20 minuti. Per ipotizzare un tempo ideale d’allenamento è possibile dire che 30 minuti siano pressoché ottimi in quanto la reazione è già innescata ed il tempo totale non è troppo elevato.
Oltrepassare i 30 minuti, almeno inizialmente, potrebbe essere troppo impegnativo e pesante in quanto le sedute settimanali devono essere almeno 2/3 e devono precedere sempre l’allenamento in sala attrezzi.

75-85% (Cardiovascolare)
Per concludere parliamo brevemente della zona in cui ci si trova a fare un allenamento cardiovascolare, trovandosi in questo range si va ad allenare la pompa cardiaca, ovvero il cuore, l’allenare il cuore è uno di quei allenamenti che va fatto con molta serietà e cognizione di causa.
Un cuore allenato a riposo batte meno, pompa più sangue, irrora meglio tutti i distretti muscolari e sotto sforzo aumenterà molto lentamente la frequenza cardiaca e la riabbasserà molto velocemente appena finito lo sforzo.
Un cuore poco allenato anche a riposo avrà battiti elevati, farà fatica a pompare sangue in tutti i distretti muscolari, sotto sforzo aumenterà molto rapidamente la frequenza cardiaca e la riabbasserà molto lentamente dopo lo sforzo.
Tornando a noi, l’allenamento cardiovascolare porta principalmente ad un beneficio, quello di una maggiore tolleranza all’acido lattico che si forma nei muscoli, ad un aumento della resistenza del cuore a sforzi intensi e di conseguenza anche ad un maggiore afflusso di sangue spinto in periferia dal cuore.

85/100% (Alta intensità)
L’ 85-100% della FC MAX nota come frequenza allenante ad alta intensità: questa è una fascia limite sempre dedicata ad atleti professionisti.
La gente “normale” che frequenta la palestra solo per un benessere personale non dovrebbe nemmeno pensare di allenarsi con questi valori, poiché troppo intensi ed inutili per la gente comune. Ovvio che se si parla di atleti la cosa cambia poiché sia la fascia precedente che questa vanno di pari passo nella modulazione di allenamenti professionali per il condizionamento aerobico ad alto livello.

LA SCALA DI BORG E LA RESISTENZA ALLO SFORZO
La scala di Borg, deve il suo nome al suo ideatore, il Dr. Gunnar Borg che intorno agli anni 50' introdusse per primo il concetto della percezione dello sforzo.
La RPE viene usata per valutare la percezione soggettiva dello sforzo in relazione all'entità dello sforzo stesso.
Borg scelse una serie di 15 numeri crescenti (dal 6 al 20) e li mise in relazione con i valori della frequenza cardiaca durante uno sforzo fisico. In particolare il valore più basso della scala (il 6) corrisponde idealmente a 60 battiti al minuto, mentre il valore più alto (20) corrisponde ad una frequenza cardiaca di 200 bpm.
Come abbiamo detto la scala di Borg è un semplice metodo per valutare la percezione dello sforzo e può essere utilizzata sia in campo sportivo che medico. Per esempio si può interrompere un test quando il soggetto avverte un determinato sforzo, oppure si può mettere in relazione l'indicatore del testcon il livello di percezione della fatica.
Affinché la scala di Borg sia utile occorre spiegare con la massima chiarezza i vari punti della scala all'individuo prima dell'inizio del test. Il giudizio dato dal soggetto deve essere il più oggettivo ed onesto possibile senza sopravvalutare o sottovalutare lo sforzo.

SCALA RPE DI BORG

6nessuno sforzo
7estremamente leggero
8
9molto leggero
10
11leggero
12
13un po' pesante
14
15pesante
16soglia anaerobica
17molto pesante
18
19estremamente pesante
20massimo sforzo

In questa tabella è stata messa in relazione la frequenza cardiaca con la scala di Borg; possiamo notare per esempio come il livello 16 corrisponda all'85% della FC MAx frequenza cardiaca alla quale si collo a, normalmente, la soglia anaerobica.

PRESSIONE SANGUIGNA E ATTIVITA' SPORTIVA
La misurazione della pressione sanguigna è un parametro utile nel determinare se, alcuni tipi di attività sportiva, possano portare a interferenze negative rispetto ai suoi valori.
La rilevazione può essere fatta con estrema semplicità. Per quanto affidarsi agli apparecchi automatici non sia certo la migliore delle soluzioni, rappresenta ugualmente un sistema di facile impiego e, se lo strumento utilizzato è di tipo professionale, darà ugualmente risultati ampiamente affidabili.
I valori restituiti sono sotto forma numerica. Ed indicano la cosiddetta pressione massima (sistolica) e pressione minima (diastolica).
Valori adeguati corrispondono, in soggetti adulti, ad una media di 120mm/Hg (per la pressione massima) e 80mm/Hg (per la pressione minima).
Se a seguito della misurazione si rilevano valori più alti, prossimi a 140 mm/Hg per la massima e 90 mm/Hg per la minima, sarebbe opportuno consultare un medico prima di iniziare qualsiasi pratica sportiva.

VALUTAZIONE DELL'IPERTENSIONE

LIEVE
140 - 150 massima, 90 - 100 minima
MODESTA
160 e 180 massima, 100 e 110 minima
GRAVE
Valori superiori
Il risultato della misurazione, può essere influenzato da un gran numero di fattori, non ultimi quelli di natura emotiva. Se di solito si hanno valori pressori nella norma, sarà bene ripetere la misurazione più volte dopo qualche intervallo di tempo.
È da segnalare che, il lavoro in palestra, eseguito alle macchine con sovraccarichi, può aggravare stati ipertensivi. Al contrario attività di tipo aerobico, come la corsa, il ciclismo ecc. possono aiutare a tenere sotto controllo lievi ipertensioni e a prevenire forme più acute.
L'aggravarsi di eventuali stati ipertensivi, o l'aumento della pressione sanguigna che consegue la regolare attività svolta con i sovraccarichi, è facilmente spiegabile. Nel corso del lavoro muscolare, la contrazione stessa, agisce sui vasi sanguigni che percorrono il muscolo, comprimendoli. A causa della compressione il flusso ematico incontra una maggiore resistenza. Per contrastare la resistenza opposta al passaggio del sangue la pressione sanguigna subisce un incremento.
Come è intuibile l'incremento dei valori pressori sarà proporzionale al volume delle masse muscolari.
Il meccanismo è esattamente l'opposto di quanto provocato da attività di tipo aerobico, che invece concorrono alla diminuzione delle resistenze periferiche ed un conseguente calo della pressione sanguigna.
L'incremento della pressione, indotto da allenamenti finalizzati all'aumento delle masse muscolari e della forza massimale, è ovviamente reversibile, inoltre risulta meno marcato in individui già allenati. È tuttavia sconsigliato somministrare tale tipo di training in soggetti ipertesi. Uno stato ipertensivo di medio / lunga durata (diversi anni) può portare a gravi complicazioni cardiocircolatorie, ma anche renali e cerebrali.
Un ultimo elemento degno di nota è dato dal cospicuo aumento della pressione arteriosa ed intraoculare in soggetti posti a testa in giù. Tale evento è di primaria importanza per quegli individui che usano abitualmente le panche per inversione, esercizio vivamente sconsigliato per tutti gli ipertesi.

BIOTIPI COSTITUZIONALI
ECTOMORFO
L'ectomorfo ha un metabolismo alto, quindi fatica a sviluppare massa muscolare anche perché i suoi muscoli tendono ad essere a fibra rossa. Difficilmente ingrassa grazie al suo elevato metabolismo. Ha scarse capacità di sopportare lavoro, pertanto deve svolgere allenamenti brevi.

Allenamento
L'ectomorfo è definito anche “hardgainer”, ossia persona che fatica a crescere di massa muscolare. Non è geneticamente predisposto per l'attività fisica e per sviluppare il tessuto muscolare. È adatto agli sport di endurance più che a quelli di forza. Il suo corpo ha necessità di lunghi recuperi, pertanto i giorni di allenamento devono essere assolutamente meno di quelli di riposo ( si deve allenare 2/3 volte a settimana). Non è portato ad accumulare grasso, quindi non deve fare attività aerobica anche perché questa toglie energie alle già scarse capacità di recupero di questo atleta. Gli allenamenti dell'ectomorfo devono essere brevi e basati esclusivamente sugli esercizi base. Le capacità di questi soggetti di costruire muscolo sono strettamente correlate allo sviluppo della forza. Ogni serie in più in un allenamento può comportare molto più tempo per recuperare, quindi l'allenamento va dosato con assoluta parsimonia. L'ectomorfo deve scordare le metodiche d'allenamento ad alta intensità (stripping, superset, negative ecc.) queste tipologie di allenamento nel suo caso non fanno altro che stressare eccessivamente l'organismo e pertanto ne rallentano i progressi. Questo somatipo deve svolgere 1 o 2 esercizi al massimo per muscolo, deve tenere un elevato tempo di recupero tra le serie (2/3 minuti) e deve terminare il proprio allenamento in massimo 40 minuti. L'ectomorfo a causa delle sue scarse capacità di recupero deve allenare i muscoli ogni 8/10 giorni. Ha necessità inoltre di ciclizzare frequentemente settimane di recupero o rigenerative con scarico di lavoro, per frequentemente si intende ogni 8/10 settimane di lavoro, a volte può essere necessario anche meno 4/6 settimane. L'ectomorfo non raggiungerà mai lo sviluppo muscolare di mesomorfi ed endomorfi ma, attenendosi a queste indicazioni, potrà comunque sviluppare un buon fisico.



MESOMORFO
Il mesomorfo è portato a sviluppare il tessuto muscolare, i suoi muscoli sono a prevalente fibra bianca e quindi hanno elevate capacità ipertrofiche ed elevata forza muscolare. Il suo corpo è predisposto a svolgere lavoro ad elevata intensità ma anche a sostenere discreti volumi di carico pertanto a buone capacità di allenamento ad intensità elevata. Il suo metabolismo è alto in quanto la sua muscolarità comporta un elevato dispendio calorico, difficilmente ingrassa e riesce a dimagrire facilmente.

Allenamento
Il mesomorfo, ovvero, il corpo dell'atleta per eccellenza. Si potrebbe allenare in qualunque modo, tanto otterrebbe risultati comunque. La sua genetica gli perdona tutto e gli permette di fare di tutto senza problemi né di sovrallenamento, né di accumulo di grasso. Il suo profilo ormonale è portato all'anabolismo. Nonostante queste forti affermazioni anche il mesomorfo per massimizzare i propri risultati deve utilizzare metodiche d'allenamento specifiche. Le sue capacità di allenarsi ad alta intensità e la sua elevata muscolarità gli permettono di sollevare pesi incredibili. Ha un ottimo recupero pertanto può allenarsi parecchio, ma l'elevata intensità d'allenamento che riesce a sviluppare comporta comunque la necessità di più recupero rispetto all'endomorfo. Pertanto per questo somatipo è ottimale una frequenza di allenamento di 3/5 giorni la settimana. L'allenamento cardiovascolare serve al mesomorfo non tanto per bruciare calorie ma piuttosto per massimizzare le capacità cardiocircolatorie che gli permettono di allenarsi con i pesi o di svolgere l'allenamento specifico ad intensità ancora più elevata. Sostanzialmente il lavoro aerobico gli permette di esprimersi al massimo nell'allenamento anaerobico quindi è ideale per questo soggetto svolgere 10/20 minuti di attività aerobica con modalità tipo interval training o allenamento di soglia. Il mesomorfo deve allenarsi con 2/3 esercizi per muscolo utilizzando principalmente esercizi base se vuole sviluppare la forza oppure principalmente complementari per migliorare la muscolarità. Il riposo tra le serie deve essere discreto (90/120 secondi) in quanto le sue capacità di allenarsi intensamente richiedono recuperi maggiori. Questo soggetto può allenare ogni muscolo ogni 5/8 giorni in quanto deve fare conciliare le sue elevate capacità di recupero con la sua capacità di allenarsi intensamente. Può pianificare lunghi macrocicli e prevedere pause anche solo 2 volte all'anno.

ENDOMORFO
L'endomorfo tende facilmente ad ingrassare anche se mangia poco, ha un metabolismo lento. Il suo corpo è geneticamente predisposto all'accumulo delle sostanze, grassi e proteine, pertanto sviluppa facilmente massa muscolare ma altrettanto facilmente ingrassa e fatica a dimagrire, è portato a sopportare volumi elevati di lavoro quindi allenamenti lunghi, ma non riesce a raggiungere alte intensità di allenamento.

Allenamento
L'endomorfo, per le sue capacità di sopportare lavoro e per la sua necessità di bruciare calorie, per ottenere una un miglioramento della sua forma fisica deve allenarsi molto. È necessario che l'endomorfo svolga 5/6 allenamenti alla settimana, tanto difficilmente raggiunge il sovrallenamento, anche perché non riesce a lavorare ad intensità elevata. Spieghiamo meglio questo concetto per non creare fraintendimenti: l'endomorfo è un atleta molto forte e quindi solleva grossi carichi, ma difficilmente riesce a dare il massimo. Se confrontiamo i carichi di un endomorfo con i carichi di qualunque altro somatotipo e li proporzioniamo al peso corporeo vediamo che l'endomorfo ha meno forza relativa.
Il suo allenamento deve prevedere una buona dose di attività aerobica (30/40 minuti) in ogni seduta. L'allenamento isotonico deve essere sviluppato con molti esercizi e molte serie utilizzando sia esercizi fondamentali che complementari. Colpire i muscoli in vari modi permette di stimolarle al massimo il loro potenziale di crescita e favorisce il consumo del grasso, soprattutto quello intramuscolare. Generalmente sono necessari 3/5 esercizi per muscolo. Il riposo tra le serie deve essere breve, massimo un minuto, questo perché primo deve tenere alta il ritmo di allenamento per bruciare calorie, secondo perché non riuscendo a sviluppare intensità elevate non necessità di grosso recupero e terzo perché di natura l'endomorfo ha elevate capacità di recupero. L'endomorfo può allenare ogni muscolo anche 2 volte a settimana. Questi atleti possono allenarsi in maniera continuativa anche per 11 mesi senza bisogno di periodi di scarico grazie al loro ottimo recupero ed alla necessità di bruciare calorie.

BIOTIPO CLAVICOLARE
È definito così per la particolare struttura del cingolo scapolo-omerale abbastanza accentuata e "larga' sul piano frontale, che gli conferisce appunto, clavicole larghe, petto piatto e generalmente tricipiti e deltoidi già ben sviluppati e tonici.
Esso lavoro più facilmente e agevolmente sul piano frontale e necessità di un potenziamento particolare per quanto riguarda pettorali, dorsali e addominali.
  • PETTORALI: vengono  lavorati in esercizi eseguiti  sul piano sagittale, per cui sono svantaggiati.
    Gli esercizi migliori sono:  Croci su panca piana e inclinata.
    Le classiche distensioni su panca piana con bilanciere danno poco risultato perché il clavicolare tende ad usare maggiormente i muscoli delle spalle e dei tricipiti che  partecipano in buona percentuale in questo esercizio bi-articolare e che quindi rappresentano "i punti forti' del soggetto, a discapito di quelli deboli, cioè i pettorali.
    Tuttavia, restando su un esercizio bi-articolare su panca, potremmo proporre le distensioni su panca inclinata con bilanciere o manubri, esercizio più vantaggioso in quanto, data la posizione inclinata della panca, permette una migliore mobilità ed escursione scapolo-omerale retroponendo le spalle e i gomiti.
  • DORSALI: gli esercizi dedicati a questi muscoli sono effettuati su entrambi i piani,
    Sul piano frontale il Clavicolare riesce a lavorare meglio, è il caso quindi degli esercizi per il dorso, come lat machine.
    Mentre sul piano sagittale, un ottimo esercizio è il pulley 45° (invece del rematore).
  • BICIPITI: nel biotipo clavicolare generalmente sono carenti rispetto ai tricipiti,
    l'esercizio migliore è la panca Scott (con manubri o con bilanciere), l'unico "esercizio base per i bicipiti' che, a differenza del Curl in piedi con bilanciere o Curl al cavo durante i quali, spesso, si notano movimenti di compenso (cheating) che interessano proprio la spalla, chiamando in causa il muscolo più forte, il deltoide, a discapito del bicipite.

IL BIOTIPO TRAPEZOIDALE
Osservato frontalmente, presenta generalmente un trapezio molto accentuato rispetto ai deltoidi, conferendogli la classica forma a "spiovente'. Strutturalmente le clavicole sono
piuttosto corte e questo soggetto sviluppa molto facilmente con l'allenamento soprattutto i pettorali, i bicipiti e il trapezio.
Riesce a lavorare molto bene con esercizi che sviluppano un movimento sul piano sagittale e incontra difficoltà invece in quelli che lavorano sul piano frontale. I gruppi muscolari ai quali prestare quindi particolare attenzione sono: deltoidi, dorsali, tricipiti.

  • DORSALI: ha ottimi risultati con esercizi come il Rowing e Pulley, che agiscono appunto sul piano sagittale a lui più confortevole dal punto di vista articolare.
    In esercizi che si sviluppano sul piano frontale, come la Lat machine (sia a presa larga pronata che a presa stretta supinata) si consiglia una presa leggermente più larga, per ovviare alla scarsa mobilità scapolo-omerale tipica di questo biotipo.
  • DELTOIDI: sono tra i muscoli che il trapezoidale sviluppa più difficilmente, agendo sul piano frontale "sconfortevole'.
    Alcuni accorgimenti per i seguenti esercizi:

OBESITÀ ANDROIDE E GINOIDE
OBESITÀ GINOIDE
Il soggetto GINOIDE (a Pera) presenta una serie di elementi distintivi ben definiti:
  • accumulo di grasso prevalentemente a livello sottocutaneo nella regione dei glutei, sui fianchi e sulle cosce;
  • difficoltà circolatorie periferiche (capillari, ristagni venosi e linfatici);
  • alta predisposizione alla cellulite;
  • conseguenze di tipo meccanico e motorio (soprattutto nei soggetti obesi);
  • predisposizione alimentare verso il latte e i latticini freschi, sbilanciando il rapporto calcio-potassio che incrementa la ritenzione di liquidi;
  • è un soggetto IPOLIPOLITICO e cioè fa molta fatica a bruciare il grasso in eccesso avendo il metabolismo rallentato.

Allenamento
L’inizio dell’allenamento (prime settimane) è molto importante per creare la capillarizzazione (che determina la disponibilità di ossigeno ai muscoli) anche eseguendo esercizi che vanno da basso verso l’alto del corpo;
le camminate sul tappeto risultano fondamentali soprattutto se si esegue bene il movimento di tacco-punta che va a stimolare la Soletta di Lejars (la pompa venosa e linfatica che abbiamo a livello del piede che favorisce il ritorno venoso del sangue e limita il ristagno venoso);
l’allenamento della parte superiore può tranquillamente basarsi sull'utilizzo di carichi importanti e ripetizioni che vanno dalle 8 alle 15 ;
per la parte inferiore sono ottimi i circuit training aerobici, in cui si alternano le varie stazioni (step, cyclette, ellittica, tappeto), ma stando molto attenti a non innalzare troppo la frequenza cardiaca, per non creare uno stato di acidosi locale che peggiorerebbe i fenomeni infiammatori alla base della cellulite;
oltre ai circuiti è consigliabile, proprio per stimolare il tessuto muscolare, utilizzare esercizi per le gambe che non superino le 5 ripetizioni, senza arrivare ad esaurimento. Questo darà un buon stimolo dal punto di vista muscolare ma non vi sarà secrezione di acido lattico che, ricordiamo, favorisce lo sviluppo della cellulite.


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OBESITÀ ANDROIDE
Il soggetto ANDROIDE (a Mela) invece, corrisponde a questi elementi caratteristici:
  • è longilineo o normolineo;
  • il grasso si localizza prevalentemente a livello addominale e attorno ai visceri addominali (addome e torace);
  • di solito il busto è corto e gli arti inferiori sono poco sviluppati;
  • predisposizione a patologie dismetaboliche (diabete) e cardiovascolari;
  • inclinazione a nutrirsi di carboidrati ad alto indice glicemico;
  • è un soggetto IPERLIPOGENETICO (brucia altrettanto facilmente di come accumula il grasso);
  • produce molto cortisolo (ormone iperglicemizzante, capace cioè di aumentare la ricezione dello zucchero).

Allenamento
La parte centrale dell’allenamento (dopo il riscaldamento) dovrebbe durare circa 35-40 minuti;
l’allenamento per la parte inferiore del corpo, proprio per le sue caratteristiche deve essere molto intenso, utilizzando esercizi multiarticolari (squat, pressa, etc), con ripetizioni che vanno dalle 8 fino alle 15;
con carichi importanti ed esercizi ad alta sinergia, non si porrà il problema dell’aumento delle gambe in termini di circonferenza: assisteremo semplicemente ad un miglioramento fisiologico del tono muscolare;
la parte superiore del corpo, quella in cui vi è il maggior quantitativo di grasso, otterrà un grosso beneficio dall’utilizzo dei "CIRCUIT TRAINING", in cui si alternano senza pausa esercizi con sovraccarico per la parte superiore del corpo e stazioni aerobiche (step/cyclette/tappeto).

LA POSTURA CORRETTA

La vita produce danni enormi al corpo. Di giorno in giorno diventiamo sempre più curvi e privi di equilibrio. Utilizziamo soltanto la mano destra o, se mancini la sinistra: ad esempio facciamo oscillare la racchetta da tennis da un solo lato, oppure portiamo la tracolla sempre su una spalla e così via. Le nostre abitudini ci inducono a utilizzare eccessivamente alcuni muscoli e a non usare quasi del tutto altri.
Una postura sbagliata può condurre a sovraccaricare alcuni gruppi muscolari a discapito di altri: questo poi sfocia in movimenti compensatori disfunzionali. Correggendo la postura sarà possibile alleviare il dolore e acquisire un nuovo e più salutare modo di stare in piedi di cui beneficerà l'intera struttura corporea. Per "buona postura" si intende un corretto allineamento verticale del corpo.


ESEMPI DI POSTURA
Osservando la figura frontale del corpo, dalla cima della testa attraverso il centro, al pavimento, e il naso, il mento, lo sterno, l'ombelico e il bacino risultano tutti in linea.
Le linee orizzontali sulla figura mostrano le spalle rilassate e nella loro posizione naturale, indicata da una linea parallela al pavimento e il bacino nella sua posizione naturale, indicata dalla linea orizzontale che passa attraverso le anche. Lo stesso vale se si prende il corpo da una visione laterale. Si nota come l'orecchio, la spalla, il gomito, l'anca, il ginocchio e la caviglia siano sulla stessa linea. Questi segni esterni indicano, internamente il corpo è allineato. Quando il corpo è allineato correttamente, è più flessibile, più efficiente e l'equilibrio e la coordinazione sono migliori.
Dovremmo essere in grado di mantenere una buona postura sia quando siamo seduti che in piedi, sia quando si stanno svolgendo attività o si pratica uno sport.
Una postura errata si ha come conseguenza di scarsa attività fisica, struttura muscolare indebolita, resistenza ridotta. I muscoli del petto sono accorciati e le spalle curve, costringendo i fianchi a spostarsi in avanti.
Una postura corretta è riscontrabile con una spina dorsale sana e robusta e una linea retta che corre attraverso il corpo e termina dinanzi alle caviglie. In questo caso il torace rimane dritto e le spalle non sono incurvate, permettendo alla parte inferiore del corpo di allinearsi perfettamente a quella superiore.

La postura fisiologica è data:
  • Posizione dei piedi: appoggio a 3 punti. Distribuire il peso del corpo su tallone, arco esterno e avampiede. Ginocchia e piedi allineati.
  • Posizione gambe: gambe divaricate a larghezza bacino; le ginocchia restano leggermente flesse.
  • Posizione del bacino e della schiena: tenete il bacino in una posizione neutrale rispettando le tre curve fisiologiche: cervicale, dorsale, lombare. Portate l'ombelico in direzione della schiena, attivando gli addominali e i muscoli del pavimento pelvico.
  • Posizione delle spalle e della testa: spalle rilassate verso il pavimento tenendo la testa come un prolungamento della schiena.
POSIZIONE DELLA TESTA E DEL COLLO
Dalla postura generale dipende anche quella della testa e del collo. Un eccessiva curvatura toracica per esempio, porta a ruotare in avanti la parte alta della schiena, ad avere spalle rigide e la testa protesa in avanti. I muscoli del collo sono rigidi e quelli delle spalle tesi. I movimenti della testa sono limitati ed è inclinata all'indietro in una posizione scomoda quando il soggetto è sdraiato. Basterà in questo caso mettere un cuscino sotto la testa e riportarla al suo corretto allineamento con il resto della colonna. A volte i muscoli di un lato del collo sono più rigidi rispetto a quelli dell'altro lato, oppure i muscoli anteriori del collo si accorciano tirando in avanti la testa. Vari sono gli esercizi che si possono fare per rimediare a questi problemi. Il metodo più semplice prevede l'allungamento dei principali muscoli del collo in tutte le direzioni (avanti, dietro, sinistra, destra e rotazione).
Un muscolo eccessivamente allungato è debole tanto quanto uno troppo contratto.

Allineamento del bacino e del cingolo scapolare
Molti problemi alla schiena nascono o dalle spalle o dalla regione pelvica e sono causati dall'instabilità presente in queste due zone. Perciò, imparare a mantenere la stabilità delle spalle e del bacino è estremamente importante ed è il nucleo di tutti gli esercizi di Pilates.
Il peso del corpo va distribuito sui tre punti di appoggio del piede: sul metatarso del primo dito (alluce), sul metatarso del quinto dito (mignolo) e sui due lati del calcagno.
La postura corretta consente ai muscoli dei piede e delle caviglie di lavorare in modo efficace. Se il peso non è distribuito correttamente, basta poco perché i legamenti ne risentano anche in modo permanente. La volta plantare spesso cede (appiattimento degli archi, piede piatto) significa che il principale supporto del corpo risulta inefficiente. Come conseguenza, le ginocchia e le caviglie possono ruotare all'interno o all'esterno causando problemi di allineamento alle gambe, alle anche e alla schiena. Rafforzare i piedi e le caviglie può migliorare la postura in modo significativo liberandovi dal dolore alle anche, alle ginocchia e alle caviglie.
Una volta trovata la stabilità sui piedi si posizionano le spalle. Ci si concentra sulle scapole e pensare di spostarle verso i glutei, abbassando le spalle verso il pavimento e immaginando di camminare con le dita delle mani verso i talloni e sentendo le spalle che si allontanano dalle orecchie e il collo allungarsi. In questo modo si vanno a diminuire le tensioni del collo.

CONCETTO DI "POSIZIONE NEUTRA"
Nel mondo del Pilates si parla molto di "neutral spine" ovvero "posizione neutra". L'espressione definisce il punto in cui la spina dorsale è in posizione di riposo.
Il concetto è strettamente collegato con una corretta posizione del bacino e spalle. Quando ci si sdraia al pavimento, i punti su cui si scarica il peso del tronco sono: il retro della testa, il cingolo scapolare, la gabbia toracica e l'osso sacro.
La parte cervicale e lombare della colonna dovrebbero toccare il pavimento ma non sono veri punti di scarico del peso. Il grado di curvatura della bassa schiena varia a seconda dell'individuo, ma l'angolo tra la vertebra lombare più bassa (L5) e la sacrale più alta (S1-S2) è più o meno lo stesso per tutti; lo stesso vale per l'angolo tra la regione toracica e quella lombare.
Per raggiungere una posizione neutra del bacino, le ossa delle anche e l'osso pubico dovrebbero formare un triangolo ( in visione rovesciata, l'apice in direzione de pube e la base sulle creste iliache) orizzontale. In altre parole si dovrebbe essere in grado di mantenere in equilibrio una tazza piena tra le anche e l'osso pubico senza rovesciarla.
La curva della zona lombare è anche influenzata dalla posizione della gabbia toracica, in quanto questa ha bisogno di rilassarsi verso la schiena e aprirsi in modo da stabilizzare il centro della schiena.



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