PARAMETRI FONDAMENTALI DELL'ALLENAMENTO

PARAMETRI FONDAMENTALI DELL’ALLENAMENTO


ADATTAMENTO E ALLENAMENTO

L'allenamento è un processo organizzato e finalizzato allo sviluppo degli adattamenti necessari per ottenere un miglioramento di: tono muscolare, ipertrofia, resistenza, forza, velocità etc. Consiste nelle modificazioni di organi e apparati, per effetto dell'esercizio fisico, con l'obiettivo di migliorare le capacità funzionali del corpo, al lavoro svolto in palestra. Il lavoro provoca una serie di reazioni specifiche di tipo adattativo. Gli adattamenti ad uno stimolo esterno sono diversi: l'abbronzatura, adattamento per esposizione ai raggi ultravioletti; l'iperchetinosi cutanea (calli), adattamento all'attrito sulle superfici cutanee; l'ipertrofia muscolare, (aumento del tono/massa muscolare), adattamento al lavoro fisico. Vi sono anche adattamenti di tipo regressivo, come la scomparsa dell'abbronzatura alla fine delle vacanze, quando non ci si espone più al sole estivo, e l'ipotrofia muscolare, conseguente all'inattività fisica. Ad esempio, dopo avere ingessato un segmento osseo per un lungo periodo, il tono muscolare di quella regione è diminuito visivamente.
Ci sono diversi vantaggi di tipo adattativo per l'atleta che si allena con una certa regolarità, rispetto al sedentario, soprattutto riguardo alla salute: maggiore tolleranza agli sbalzi di temperatura, maggiore capacità a sopportare l'ipossia (carenza di ossigeno), migliore difesa contro le infezioni e migliore stabilità psichica .

ADATTAMENTI GENETICI ED EXTRAGENETICI
Gli adattamenti genetici riguardano il programma genetico, codificato nel nucleo cellulare, sviluppatosi nel corso dell'evoluzione (milioni di anni d'adattamento all'ambiente). Il programma genetico non è modificabile nel corso della vita di un individuo, le sue mutazioni richiedono periodi di tempo lunghissimi (secoli e millenni), infatti riguardano la specie e non un singolo individuo. Gli adattamenti extragenetici si ottengono con l'allenamento, avvengono in strutture potenzialmente modificabili, evidentemente all'interno dei limiti stabiliti dalle caratteristiche genetiche soggettive.
Gli adattamenti extragenetici si dividono in:
L'adattamento metabolico (“occasionale”) è l'insieme delle modificazioni funzionali e metaboliche che seguono immediatamente la somministrazione dello stimolo. E' rappresentato da adeguamenti cardiorespiratori e da alterazioni biochimiche, che portano ad una attivazione metabolica delle funzioni cellulari. Ad esempio, per una persona che abita ad un piano alto di uno stabile, un guasto all'ascensore lo costringe a salire i gradini per un certo numero di piani. L'aumento della frequenza cardiaca e del consumo di ossigeno, rappresentano gli adeguamenti e le alterazioni citate (fiatone e frequenza cardiaca). Nel caso in cui l'ascensore non fosse aggiustato in tempi brevi, salire i gradini dello stabile diventerà una abitudine quotidiana e l'aumento della frequenza cardiaca tenderà ad attenuarsi a parità di prestazione. Questa maggiore facilità, data dalla ripetizione nel tempo della prestazione, rappresenta un adattamento epigenetico. 
L'adattamento epigenetico è l'insieme delle modificazioni stabili conseguenti al ripetersi nel tempo dello stimolo allenante. Questi cambiamenti di carattere morfofunzionale sono più stabili e si producono con lentezza. Rimangono permanenti quando lo stimolo è somministrato nel tempo con una certa regolarità (2 o 3 allenamenti settimanali, per un lunghissimo periodo).
L'attività motoria svolta in palestra produce adattamenti epigenetici. Il tono muscolare è un adattamento epigenetico. L'adattamento epigenetico si realizza per effetto della supercompensazione.  Consiste nel fatto che l'organismo reagisce, dopo una serie di stimoli, migliorando la propria capacità funzionale, si prepara a sopportare uno stimolo di pari intensità con una maggiore disinvoltura. La conoscenza dei tempi della supercompensazione è fondamentale per la programmazione dell'allenamento. E' un fenomeno assolutamente soggettivo e condizionato da diversi fattori: età, livello di allenamento, costituzione fisica, emotività, possibilità di riposare (quantità e qualità del sonno), stress psicofisico generale (attività professionale, vita sociale, vita sentimentale, episodi stressanti come un trasloco etc.). Proprio per questo motivo è fondamentale l'intervista (anamnesi) preventiva da parte del allenatore, prima di pianificare un programma di allenamento.

PARAMETRI DELL’ALLENAMENTO

Il carico di lavoro è quantificabile attraverso la misurazione del carico esterno e di quello interno che permettono di valutare l’esatta entità di lavoro svolto durante l’allenamento nel periodo di tempo considerato. In pratica, possiamo cercare di identificare il carico effettuato all’interno di una seduta, in un microciclo, un mesociclo o in un macrociclo. Ma mentre rimane molto più difficoltosa la quantificazione del carico interno, minori ostacoli si presentano con il carico esterno che si compone di tre parametri misurabili: volume, intensità e densità.

VOLUME
Rappresenta la mole di lavoro svolta in un’unità allenante. Nel bodybuilding si tende ad identificare il volume totale di lavoro con il numero di serie eseguite o con la durata della sessione di allenamento, ed il volume relativo del singolo gruppo muscolare con il numero di serie eseguito per quel determinato muscolo o con il tempo dedicato alla stimolazione dello stesso. Si pensi, ad esempio, al centometrista che esegue dieci ripetute da 100 metri per un volume totale di 1 km;

Volume (V) = Kg x ripetizioni (R) x serie (S)

INTENSITÀ
Il concetto di intensità esprime la modalità di impegno con cui si esegue un determinato gesto, implicando una forte componente soggettiva e difficilmente misurabile.
L’intensità esprime il grado di impegno fisico richiesto dall'esecuzione di una data attività. Questo parametro è legato al concetto di carico interno, ed è caratterizzato da una componente strettamente soggettiva. Viene considerato come uno dei parametri più importanti da stabilire in un programma di allenamento con sovraccarichi. Benché all'interno delle discipline che prevedono un allenamento con sovraccarichi possa essere stabilito con precisione che l'intensità è proporzionale al carico sollevato, nel bodybuilding e nel fitness, al di fuori del contesto formale e scientifico, l’intensità verrebbe influenzata da ulteriori fattori come la velocità del movimento nelle varie fasi di una serie (Speed of movement), dal tempo totale in cui il muscolo è sottoposto a tensione dall'inizio alla fine della serie (Time under tension), dai, tempi di recupero e di tecniche speciali che possono complicare il riconoscimento di tale formula. Proprio per la sua complicata indentificazione all'interno della disciplina del body building secondo questa interpretazione astratta, l'intensità rimane uno tra i parametri più discussi nella sua definizione da parte di diverse scuole. Lo stesso si può dire per un velocista che in pista riesce a raggiungere il suo miglior tempo nei 100 metri in dieci secondi netti, ma poi in allenamento mantiene una velocità di 12 secondi riducendo così l’intensità del carico all’80%. Tuttavia i vari tentativi di inquadrare l'intensità in maniera più ampia e alternativa rispetto al metodo scientifico convenzionale possono essere convalidati solo a livello pratico.

I = KG X Reps \ 1RM


Esempio: ipotizzando un massimale di 100 kg, eseguire una serie da 10 ripetizioni con 70 Kg significa allenarsi ad una intensità pari al 70% del massimale con un volume di lavoro pari a 700 Kg.

DENSITÀ
È invece il rapporto tra tempi di lavoro e tempi di recupero. Se, per ipotesi, in una seduta di allenamento in palestra aumentano i tempi di recupero tra un esercizio e l’altro, a parità di tempo occorrente a svolgere gli esercizi stessi, allora la densità diminuisce. Al contrario, la densità aumenta se i tempi di recupero diminuiscono. A questo proposito è evidente che, mentre volume ed intensità sono parametri del carico esterno sempre presenti in allenamento, a prescindere dall’attività motoria svolta o disciplina sportiva praticata, la densità è invece un elemento del carico presente.
È una variabile dell'esercizio con sovraccarichi che rappresenta il legame tra sforzo e recupero all'interno di una stessa sessione di allenamento. La densità è data dal rapporto tra la durata reale (Dr) e la durata totale (Dt) dell'allenamento.

Densità (Ds) = Durata reale (Dr) / Durata totale (Dt)

  • La durata reale (Dr) fa riferimento alla durata reale del tempo sotto sforzo nella parte centrale dell'allenamento, escludendo quindi i tempi di recupero tra le serie, o le pratiche che vengono eseguite prima e dopo la sessione vera e propria, cioè il riscaldamento e defaticamento. In altri termini si potrebbe dire che la Dr è il risultato della somma del TUT totale di tutti gli esercizi nella sessione di allenamento, cioè il tempo totale in cui il muscolo è posto sotto sforzo;
    • La durata totale (Dt) fa invece riferimento alla durata totale della parte centrale della sessione, includendo anche i tempi di recupero. In altri termini si riferisce alla somma tra il Time Under Tension (TUT) e i tempi di recupero dall'inizio alla fine dell'allenamento nella parte centrale.

CARICO ESTERNO E CARICO INTERNO
Cerchiamo di introdurre ora in nella maniera più semplice possibile due concetti fondamentali: il CARICO INTERNO ed il CARICO ESTERNO.
  • Il carico esterno è tutto ciò che può quantificare il lavoro compiuto: peso adoperato, tipo di esercizio, serie, ripetizioni, recuperi, velocità di esecuzione, traiettoria, tecniche di esecuzione, frequenza degli allenamenti, tipologia energetica del lavoro;
  • Il carico interno è, semplicemente, quanta fatica faccio a fare quel lavoro.
Al contrario che in tutti gli altri sport, il bodybuilder non è interessato a sviluppare tecniche per fare meno fatica possibile, dal momento che il fine del suo allenamento ipertrofico non è il carico esterno utilizzato - cosa che invece può interessare ad un pesista olimpico o ad un powerlifter - ma ha esattamente l’interesse opposto: rendere il movimento quanto più faticoso possibile in modo da raggiungere uno sforzo muscolare elevato. In altre parole, il culturista è interessato a massimizzare (nell'ambito della programmazione dei suoi allenamenti) il carico interno.

Vien da sé quindi che quando si svolge un esercizio di isolamento e monoarticolare come le croci su panca (piana o inclinata), l’articolazione coinvolta è soltanto quella scapolo-omerale e non quella del gomito (che manterrà una posizione “congelata” a circa 140-150°): si creerà, così facendo, proprio quella leva svantaggiosa tanto agognata ed un carico esterno adeguato alla corretta esecuzione del movimento, quindi sicuramente molto meno elevato rispetto alle distensioni su panca.
Morale della favola, dovete aumentare il carico all'attrezzo perché avete già spremuto qualsiasi possibilità allenante da un movimento e non cercare tecniche per alzare più peso: in questo modo  farete sì che ogni singolo chilo in più sull'attrezzo avrà la potenzialità per tradursi in concreti risultati muscolari. 
PIANIFICAZIONE DELL'ALLENAMENTO
PROGRAMMAZIONE
Senz'altro i 3 periodi sono differenti l'uno dall'altro poiché in ognuno dovremo perseguire un obiettivo diverso e seguendo il principio di specificità sappiamo che l'allenamento dev'essere coerente con quello che si cerca.

Per quanto riguarda la forza questa andrà allenata con reps basse(da 1,che è appunto la Fmax, fino a 5-6),molte serie, anche fino a 10 se si pratica solo 1 o 2 ex. e recuperi ovviamente elevati da un minimo di 3' ad un max di 6',per permettere il recupero del debito di ossigeno alattacido e la ricostituzione dei fosfati energetici muscolari (atp e cp, vedi fisiologia), nonché un riadattamento del sistema nervoso per permettere l'esecuzione successiva.
In questo periodo bisognerà puntare esclusivamente su esercizi base.

Per quanto riguarda l'ipertrofia il discorso è un bel po’ più ampio poiché questa è una caratteristica muscolare allenabile con una molteplicità di stimoli diversi poiché il muscolo viene ad essere composto da più strutture e da 3 tipi di fibra, perciò si va da un range di reps che va dalle 6 (ma come detto anche di meno) alle 25, con serie dalle 2 alle 4, esercizi base e qualche complementare, recuperi dai 30" ai 2’.
L'acido lattico è un elemento da ricercare poiché scatena una risposta del GH; la componente endocrina è un altro fattore chiave per la crescita.
Ovviamente l'alimentazione sarà ipercalorica, iperproteica, iperglicidica e normolipidica.

Per la definizione è sicuramente importante l'aggiunta di esercizi monoarticolari per gruppi muscolari carenti e per cercare uno sviluppo ancora più armonico di tutti i fasci muscolari, ma il grosso sarà fatto prevalentemente dall'inserimento di esercizi aerobici (da giudicare se all'interno della seduta o a parte in altri 1-2 gg) e dai nostri pasti giornalieri; si abbasseranno sicuramente le serie ed il volume dell'allenamento, ma l'intensità dovrà restare alta.

SUDDIVISIONE SETTIMANALE
Prima di stabilire esercizi, set e ripetizioni è essenziale riuscire a capire quante volte e come ci si vuole e ci si può allenare. E’ inutile avere una mega scheda e andare in palestra quando si vuole, i contrattempi capitano a tutti, ma bisogna avere un piano prestabilito di allenamento.
Fissati i giorni (vivamente consigliati da un minimo di 2 a un massimo di 4), si deve passare a stabilire la divisione muscolare o splittaggio.
Questa, molte volte, risulta la parte più difficile da applicare, non tanto perché si tratta di una cosa complicata, ma perché spesso si ignora il funzionamento della cosiddetta sinergia muscolare, un elemento essenziale che chiunque dovrebbe rispettare.
Portiamo ad esempio gli unici due casi di cui bisogna sempre tenere conto:

a. l’allenamento del petto coinvolge pesantemente le spalle ed i tricipiti, quindi è cosa buona far sì che questi due muscoli o vengano allenati insieme oppure distanziati di almeno 2 giorni, in modo che possano recuperare ottimamente.

b. l’allenamento del dorso coinvolge i bicipiti, quindi vale lo stesso discorso, o si allenano i bicipiti insieme o per lo meno un paio di giorni dopo in modo da farli recupare appieno.
Ecco dunque il tipo esempio di scheda splittata in modo scorretto e che si vede sempre in giro:
Allenamento A: Petto-Bicipiti
Allenamento B: Dorso-Tricipiti
Allenamento C: Gambe-Spalle
SCELTA DEGLI ESERCIZI 
Una volta scelta la propria split occorre “riempirla”, ed è anche questa una parte che per alcuni risulta particolarmente difficile. In realtà è più semplice di quello che si possa credere e per ogni gruppo muscolare bisogna seguire questo semplice passaggio:
a. Scelta di un esercizio fondamentale 
b. Scelta di 1 o 2 esercizi multiarticolari
c. Scelta di un esercizio di isolamento, per sfinire completamente il muscolo e per ricercare un buon livello di pump.

STABILIRE SET, RIPETIZIONI E FIBRE MUSCOLARI 

Questa parte fornisce obbligatoriamente parecchie noie, sia al lettore che all’autore, perché spesso la si rende troppo complessa, o peggio troppo semplicistica.
La chiave di questo discorso è la via di mezzo.
Partiamo dal tipico discorso che piace a tutti, la distinzione tra fibre rosse e fibre bianche.
Le fibre rosse crescono con difficoltà, hanno un recupero rapido e sono le primi a “sparire” quando si tagliano via i carboidrati dalla dieta. Le fibre bianche invece sono quelle che si sviluppano maggiormente in massa e potenza, si mantengono meglio delle rosse e hanno poca resistenza. 
Questa descrizione potrebbe portare a pensare: basta andarci di potenza per allenare le fibre bianche e di pump per le fibre rosse. 
Invece non è così, questo perché ogni muscolo è composto da entrambe le fibre anche se a percentuali differenti. I tricipiti sono ricchi di fibre bianche (infatti si stancano subito) mentre i bicipiti sono composti in maggioranza da fibre rosse. 
Per ipertrofizzare un muscolo occorre allenarsi con cognizione di causa.
L’allenamento stimola la sezione trasversa delle miofibrille (piccoli filamenti che compongono le fibre muscolari, vedi “fisiologia”), la quale aumenta in modo del tutto proporzionale all’incremento della dimensione e del numero di fibre e per fare ciò vengono utilizzati carichi compresi tra il 70 ed il 90% del massimale. 
Carichi più elevati (intorno al 90%) permettono di eseguire un numero più limitato di ripetizioni (2-3 rip.) mentre carichi inferiori al 70% permettono invece di eseguire un numero maggiore di ripetizioni, allenando maggiormente la resistenza muscolare.
Lavorando attraverso carichi che ci permettono di eseguire non più di 10 ripetizioni, si attivano i processi connessi alla sintesi proteica, la quale è essenziale per l’incremento della massa muscolare.

Per ogni muscolo occorrono:
1) Esercizi di forza (ripetizioni <6)
2) Esercizi lattacidi (ripetizioni tra 6 e 12)
3) Esercizi di Pump o di concentrazione (ripetizioni tra 8 e 20)
Con questo schema si riesce ad attaccare tutte le fibre di un muscolo.
Ogni muscolo necessita di un esercizio a basse ripetizioni e carico elevato per richiamare il più alto numero di fibre possibili, uno o due a medio ripetizioni attaccarlo ulteriormente, e un monoarticolare finale per sfinirlo del tutto e ricercare un buon livello di pompaggio.

Passiamo ora a come stabilire set e ripetizioni. Diciamo che di norma il volume di un esercizio (dato da serie x ripetizioni) dovrebbe stare intorno a minimo 25 e massimo 35. Come ottenerlo?
Esempi sono il 4x8, il 3x12, il 5x5, ma ci sono decine e decine di combinazioni possibili.

Quanto recuperare? Il tempo sufficiente a far sì che il battito cardiaco, o per lo meno la respirazione, torni simile a quelle a riposo. Di solito si usa questo protocollo:
2’-3’ nei fondamentali
90’’-2’’ nei multiarticolari
60’’-90’’ nei monoarticolari
30’’-60’’ nel pump

Perché i fondamentali andrebbero a basse ripetizioni?
Certo rimane che nessuno andrebbe incontro ad una serie di sfortunati eventi se li usasse ad alte ripetizioni, ma questa cosa ha un senso perché:

1. Essendo i multiarticolari più pesanti (stacco, squat e panca) utilizzano una miriade di muscoli, in questo modo possono essere utilizzati carichi incredibilmente più alti rispetto agli altri esercizi, più alto è il carico usato più alto è il numero delle fibre muscolari che si riescono ad utilizzare. Ora non è che un piramidale 12-10-8-6 sia sbagliato, l’importante è che comunque ci sia una parte del piramidale dedicata alle basse ripetizioni.

2. La tecnica deteriora con l’aumentare delle ripetizioni. Senza entrare troppo nel merito, il step-up corretto su panca, squat e stacchi oltre le 6 ripetizioni tende a disperdersi, prima di tutto nello stacco. 

GAMBE
PETTORALI
DORSALI
BASE
BASE
BASE
Squat, Stacchi
Panca piana
Trazioni, Rematore
MULTIARTICOLARI
MULTIARTICOLARI
MULTIARTICOLARI
Affondi, Pressa, Hack Squat,
Mezzi stacchi / mezzi squat
Dist. Manubri, DIPS
Pulley, Rematore manubrio,
Lat Machine
MONOARTICOLARI
MONOARTICOLARI
MONOARTICOLARI
Leg extension, Leg curl, Gluteus Machine
Croci, Pullover
Pulldown, Pullover

DELTOIDI
BICIPITI
TRICIPITI
BASE
///
///
Military press, lento bilanciere

MULTIARTICOLARI
Tirate al mento, Arnold press
MONOARTICOLARI
Alzate laterali, frontali, a 90°

CALCOLO DEL MASSIMALE

Il metodo diretto, prevede una serie di prove che portino a calcolare direttamente il carico

massimo che l'atleta è in grado di sollevare. E' un test massimale che porta l'individuo ad

un livello di intensità dove la fatica impedisce un ulteriore aumento del carico.


PROTOCOLLO 1:
1 a serie da 10 ripetizioni al 40% del massimale previsto
2 a serie da 5-6 ripetizioni al 50-60% del massimale previsto
3 a serie da 2-3 ripetizioni al 80% del massimale previsto
4 a serie da 1 ripetizioni al 90% del massimale previsto
5 a serie 1 ripetizione al 100% del massimale previsto
- se si riesce: aumentare la resistenza tra 2,5 e 5% per riprovare
o - se non riuscito: sottrarre alla resistenza il 2,5 e 5% e riprovare
N.B: il recupero tra le serie deve essere completo (tra 1 minuto e mezzo e 3minuti).
Il valore dell'1-RM è riportato come il peso dell'ultima alzata completata con successo. Questa prova, molto valida per atleti evoluti, è assolutamente sconsigliata ai principianti, ai bambini ed agli anziani. Va eseguita dopo un riposo di uno o più giorni per consentire al muscolo di recuperare le fatiche degli allenamenti precedenti.

PROTOCOLLO 2:

Esempio di test indiretto basato sulle 6 ripetizioni.
- riscaldamento leggero di 5-10 ripetizioni al 50% del previsto 6-RM
- 1'riposo e allungamento, poi 6 ripetizioni al 70% del previsto 6-RM
- si ripete 6 ripetizioni al 90% del previsto 6-RM
- dopo 2' di riposo 6 ripetizioni al 100-105% del previsto 6- RM
- se si riesce: aumentare la resistenza tra 2,5 e 5% per riprovare
- se non riuscito: sottrarre alla resistenza il 2,5 e 5% e riprovare
Questo tipo di prova è adattabile anche a principianti, bambini ed anziani. Tenere sempre presente, soprattutto per questi ultimi, l'importanza della corretta tecnica di respirazione durante l'esercizio.
Esempio: se durante il test ho eseguito 6 ripetizioni con 80 Kg ad intensità massimale, il mio carico massimale è di 100 Kg.


PERIODIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO
La costruzione di un programma di allenamento deve essere funzionale all'obiettivo che l'atleta desidera raggiungere. L'obiettivo deve essere realistico. Inutile approntare un programma di allenamento che punti a mete irraggiungibili. Inoltre l'obiettivo deve essere chiaro: solo in questo modo vi sarà la dovuta tensione al suo raggiungimento.
Stabilito e concordato l'obiettivo, andremo ad evidenziare le varie priorità di lavoro, ma soprattutto i tempi necessari alla loro realizzazione attraverso mezzi e metodi di lavoro appropriati.
Costruire un piano di allenamento ha come scopo il raggiungimento della forma fisico-sportiva che si articola in fasi successive distinte in:
  • Raggiungimento della forma
  • Conservazione della forma
  • Perdita temporanea della forma
Queste tre fasi avvengono tramite una organizzazione particolare dell'allenamento, basata sulla distribuzione dei mezzi allenanti, e sulla prevalenza della quantità o dell'intensità di lavoro.
A tale scopo l'allenamento viene suddiviso in periodi. Nella stesura del piano è opportuno e necessario partire dalla macrostruttura annuale, in quanto legata all'obiettivo finale, per passare poi alle unità consecutivamente più piccole del mesociclo e del microciclo settimanale per giungere infine al dimensionamento delle singole sedute di allenamento.
Schematicamente, dunque, il piano annuale di lavoro sarà formato da:
  • Macrociclo (l'intero anno di allenamento)
  • Mesociclo (i vari mesi di allenamento)
  • Microciclo (le settimane di allenamento)
  • Singola seduta
Per comprendere meglio quanto analizzato fin ora, passiamo a degli esempi pratici.

Esempio 1
Il soggetto A si pone come obiettivo di arrivare da settembre a maggio con un fisico definito e con un aumento della propria massa muscolare di 5 Kg, in quel lasso di tempo (obiettivo a lungo termine), dovremmo stabilire tutta una serie di interventi, che nell'arco dell'anno (macrociclo) dovranno inizialmente preparare l'organismo, poi aumentarne la forza, la massa muscolare e solo alla fine disporremo dei mezzi necessari per far raggiungere l'obiettivo finale.
Tutti questi interventi saranno i vari mesocicli di lavoro, a loro volta formati dai vari microcicli e dalle singole sedute di allenamento.
Per far questo dunque è necessario costruire una serie di interventi che avranno degli obiettivi a breve-medio termine (ad es. aumentare la massa muscolare), ma che serviranno tutti insieme al raggiungimento dell'obiettivo finale.

Esempio 2
Il soggetto B si pone come obiettivo di arrivare con un fisico definito e con un aumento della propria massa muscolare di 5 Kg, nel periodo che va da gennaio a marzo.
In questo caso non sarà possibile stabilire tutta una serie di interventi volti al raggiungimento dell'obiettivo finale, perché l'arco temporale determinato di cui disporremo non sarà sufficiente per consentire all'organismo di attuare tutta una serie di adattamenti necessari al raggiungimento dell'obiettivo finale che, in questo caso, risulterà non realizzabile.
Questi sono solo alcuni esempi riguardanti la periodizzazione dell'allenamento, ma è di fondamentale importanza conoscere i tempi necessari alla realizzazione di un adattamento da parte del nostro organismo (ovviamente in maniera naturale), altrimenti non saremo mai in grado di far ottenere un risultato apprezzabile.
Durante la periodizzazione è di capitale importanza sapere che qualsiasi risultato vogliamo far raggiungere, è necessario strutturare il piano di lavoro, partendo da un condizionamento generale, per passare poi ad un condizionamento specifico e ad una fase di recupero.
I vari mesocicli di allenamento, avranno differenti obiettivi e risultati da raggiungere. In linea generale, i mesocicli di lavoro per chi pratica body building, sono rappresentati da:
  • Mesociclo/i di ricondizionamento
  • Mesociclo/i di preparazione
  • Mesociclo/i di forza
  • Mesociclo/i di ipertrofia
  • Mesociclo/i di definizione

PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ALLENAMENTO

Il ritmo di esecuzione degli esercizi di body building è generalmente lento e controllato.

Non si devono, cioè, creare momenti di inerzia che possono togliere carico al muscolo

durante la contrazione. Il movimento lento consente inoltre, specialmente controllando la

fase eccentrica, di mantenere bloccata più a lungo la circolazione sanguigna,

consentendo così una migliore messa in moto di tutti quei meccanismi che porteranno alla

ipertrofia muscolare.


RESPIRAZIONE

La respirazione va ritmata sulle ripetizioni. La prima regola è quella di non tenere troppo a

lungo l'apnea, anche durante lo sforzo più intenso. In genere si può consigliare:

a) ai principianti che usano pesi leggeri e poco impegnativi, di inspirare durante lo sforzo

nei movimenti di tirata e di abduzione; prima dello sforzo nei movimenti di spinta, di

adduzione, di flessione e di estensione;

b) quando verranno incrementati i pesi di allenamento, la inspirazione verrà naturalmente

anticipata per i movimenti di tirata e abduzione e rimarrà invariata per gli altri, evitando,

come già raccomandato, di non tenere troppo a lungo l'apnea.


RECUPERO

Distinguiamo i recuperi tra le serie di uno stesso esercizio e di uno stesso gruppo

muscolare, tra i gruppi muscolari che vengono allenati nella stessa seduta e tra le sedute

o unità settimanali di allenamento. I recuperi tra le serie possono cambiare a seconda del

tipo di allenamento che si sta svolgendo (per la forza massimale ed esplosiva si può

arrivare anche a 56 minuti), ma nel caso specifico del body building i recuperi devono

essere parziali, ossia non devono consentire il completo ripristino delle scorte

energetiche. Si parla pertanto di recuperi dell'ordine di 45" e 2', tenendo presente però, le

caratteristiche individuali (migliori capacità cardiocircolatorie e respiratorie, miglior

allenamento, ecc.). Quando si è terminato di allenare un dato gruppo muscolare e prima di

discorso riguardante gli intervalli tra gli stessi stimoli settimanali. Per una efficace

sovracompensazione sembra che debbano intercorrere circa 48 ore tra un allenamento e

l'altro dello stesso gruppo muscolare, al fine di permettere una resintesi proteica ottimale.

Osservando dunque questo tempo di recupero andranno programmate le unità di

allenamento nel microciclo con un giusto frazionamento della muscolatura.


PRINCIPIO DEL SOVRACCARICO

Il principio del sovraccarico indica che per ottenere un continuo miglioramento della prestazione fisica occorre fornire uno stimolo allenante progressivamente più impegnativo.
Il motivo è dovuto al fatto che il corpo è in grado di adattarsi facilmente ad una routine di allenamento che resta invariata nel tempo. Al fine di mantenere una costante crescita delle capacità fisiche occorre far variare lo stimolo allenante sia incrementandone l'intensità sia variando gli esercizi utilizzati.

PRINCIPIO DI SPECIFICITA'
Un percorso allenate in palestra permette di ottenere, in modo specifico, un condizionamento muscolare ideale per ogni distretto.
Selezionare un gruppo muscolare su cui lavorare (per fini prestazionali, riabilitativi, o per qualunque altro motivo) ed isolarlo dagli altri muscoli, significa ricercare azioni motorie che possano far gravare il carico di lavoro solo sul muscolo obiettivo.
Nella ricerca della specificità durante un’azione motoria, è necessario sapere prima di tutto quali azioni compie ogni singolo muscolo, per poi scegliere gli esercizi da eseguire e ricercare il corretto raggio d’azione dell’articolazione interessata, al fine di isolare correttamente il muscolo scelto.
Alternativamente, le macchine isotoniche presenti in una sala pesi possono fare la differenza.

PRINCIPIO DI CONTINUITA' E FREQUENZA

L'allenamento deve svolgersi con continuità eliminando periodi di riposo eccessivamente

lunghi che creano i presupposti di “adattamento all'inattività” e quindi perdita del lavoro

precedentemente svolto. Pertanto la frequenza degli allenamenti, anche in periodi di

riduzione del lavoro, dovrà essere tale da garantire almeno il mantenimento di quanto

acquisito.

PRINCIPIO DI ALTERNANZA E VARIABILITA'

Alternare e variare gli esercizi, le percentuali, le serie, le ripetizioni, le metodiche, è

condizione essenziale per non gene rare monotonia negli allenamenti, tenendo sempre

alto l'interesse e le motivazioni, senza le quali ogni risultato è precluso.

PRINCIPIO DELLA INDIVIDUALIZZAZIONE

La quantità e la qualità del lavoro imposto devono essere tarati sulle capacità individuali e

sull’obiettivo specifico posto in base alle reali possibilità dell’individuo.

PRINCIPIO DELLA REVERSIBILITA'

Per ottenere migliori incrementi della prestazione è necessario non solo rispettare il tempo

di recupero, ma fornire un nuovo stimolo allenante non appena l’organismo ha raggiunto

l’adattamento prima che la condizione fisica inizi a decrescere verso la posizione iniziale.

PRINCIPIO DEL DE-ALLENAMENTO

Quando si interrompe l’allenamento, la condizione fisica diminuisce progressivamente sino

alla situazione antecedente allo stesso, tanto da soddisfare solo le esigenze della vita

quotidiana.


PRINCIPIO DEL"SAID" 
Il corpo si adatta in modo molto specifico alla richiesta (sforzo d'allenamento) imposta dall'allenamento; ecco il principio del "SAID", un acronimo che sta per "Specific Adaptation to Imposed Demands" (ossia specifici adattamenti imposti dall'allenamento). Questo per dire che se volete essere esplosivi dovete allenarvi in maniera esplosiva, se volete essere più resistenti all'acido lattico intensificare gli allenamenti lattacidi e se volete migliorare la flessibilità allearvi con lo stretching.

PRINCIPIO DELLA "GAS" 
Proposto da Seyle nel 1976, GAS è l'acronimo di "General Adaptation Syndrome" (Sindrome di Adattamento Generale), e partendo dai principi della supercompensazione e della progressività dei carichi, afferma che ci deve essere un periodo di allenamento a bassa intensità o di riposo dopo uno fatto ad alta intensità, in quanto lo sforzo applicato è traumatico per il corpo, obbligandolo a riprendersi, quindi ad adattarsi. Sintetizzando: ad uno stress (allenamento) deve seguire un adeguato recupero.

PRINCIPIO DELL'ISOLAMENTO

Specialmente nel caso del body building questo principio riveste particolare importanza.

Infatti, quanto più un muscolo sarà isolato dagli altri, tanto più il sovraccarico sarà

efficace.

PRINCIPIO DELL'INTERFERENZA

Tipi di allenamento diversi possono andare in conflitto tra loro, interferendo nella realizzazione dell'adattamento: se si vuole allenare contemporaneamente forza eresistenza, gli effetti saranno minori di quanto invece non si avrebbe se i due tipi diallenamento fossero effettuati da soli. Il corpo umano quindi reagisce meno efficacementese sottoposto a stimoli diversi, come se le due tipologie di allenamento interferissero tra loro (da qui il termine). Allenarsi per la resistenza può interferire con l'allenamento volto aincrementare velocità e potenza. Se le tipologie di allenamento vengono effettuate inperiodi messi in serie tra loro (uno dopo l'altro) si può diminuire o annullare l'effetto dell'interferenza, però purtroppo si innesca l'effetto inverso, cioè il deallenamento di quella tipologia che viene abbandonata a favore della nuova.

Mentre a livello di principianti i problemi da risolvere sono generalmente relativamente facili, (oltre a un condizionamento di base si dovrà pensare a eliminare eventuali

scompensi e a colmare evidenti carenze), per atleti avanzati si richiede, a volte, oltre che grande preparazione da parte del tecnico, una particolare intuizione nel saper valutare le reali esigenze, anche psicologiche, dei vari soggetti. La capacità del tecnico di saper cogliere le necessità individuali è fondamenta le per impostare un programma di lavoro serio e destinato al successo.


I PRINCIPI WEIDER
In realtà questi principi non sono stati inventati da Joe Weider, ma a lui sta il merito di averli catalogati e di aver dato loro un nome. Questi principi, comunque sia, sono i punti cardine dell’ideologia weideriana, la quale ha influenzato e completamente modificato l’idea di allenamento che vigeva prima della sua venuta, tanto che prima di questa i “pro”, quali Arnold ad esempio, utilizzavano l’approccio in multifrequenza.
PIANIFICAZIONE
1)Allenamento ciclico: alternare periodi ad alto volume ed intensità con altri a basso, occorre dedicare diversi periodi specifici alla forza, alla massa e alla definizione;
2)Allenamento eclettico: utilizzare in ogni allenamento diversi esercizi, range di ripetizioni e set, inserendo multi e monoarticolari;
3)Allenamento istintivo: basarsi sui risultati ottenuti e sulle proprie sensazioni per pianificare un proprio ed ottimale programma di allenamento;
4)Confusione muscolare: cambiare spesso esercizi, set e ripetizioni per avere sempre qualcosa di nuovo in ogni wo;
5)Tensione continua: sia la fase positiva che la negativa devono essere controllate per stimolare al massimo le fibre muscolari;
6)Flushing: Allenare un gruppo muscolare prima di passare ad un altro;
7)Allenamento olistico: si usano diversi range di ripetizioni per colpire al massimo ogni tipo di fibre;
8)Allenamento specifico: detto anche di “isolamento”, si punti più possibile ad allenare il gruppo muscolare stabilito senza coinvolgere quelli vicini;
9)Isotensione: tra una serie e l’altra contrarre i muscoli che si stanno allenando per migliorare la capacità di controllo muscolare;
10)Priorità: si allena all’inizio del wo il gruppo muscolare più debole;
11)Contrazione di picco: si concentra isometricamente lo sforzo durante la fase finale del movimento per aumentare la concentrazione muscolare;
12)Sovraccarico progressivo: ogni sessione si dovrebbe puntare ad usare carichi maggiori;
13)Allenamento piramidale: si parte da ripetizioni più alte fino a diminuirle sempre di più aumentando i carichi usati, o viceversa.

FASE DI CARICO E SCARICO
Nel body building, per fase di scarico s'intende un periodo in cui si assumono pochi carboidrati (in genere massimo 200 g/die), al fine di massimizzare la definizione muscolare in previsione di gare o prima di appuntamenti (prova costume, esibizioni, ect) importanti.
In genere si predilige una dieta leggermente ipocalorica, ricca in proteine e grassi. In tal contesto è importante assumere quantità importanti di grassi e proteine al fine di evitare il catabolismo muscolare, anche se alcuni, in quanto assuntori di sostanze anabolizzanti (quindi altamente anticataboliche) prediligono la classica dieta "carne ed acqua", tuttavia tale metodologia è sconsigliata per motivi di salute.

L'ALLENAMENTO
Alcuni Body Builder incrementano il numero delle sessioni di allenamento, altri le lasciano invariate ma inseriscono delle sedute aerobiche, altri invece cambiano semplicemente l'alimentazione lasciando invariato l'allenamento. Il numero di set e ripetizioni è altamente soggettivo, alcuni inseriscono metodi per incrementare l'intensità dell'allenamento (stripping, superserie, superserie giganti) altri invece incrementano il volume, altri ancora preferiscono un allenamento più "soft".
  • Carico: periodo in cui l’allenamento è in attivo, ricercando aumento di forza, massa, volume muscolare con un'intensità allenante molto alta.
  • Scarico: serve per far “rifiatare” il corpo ed i muscoli: a seguito di un allenamento molto pesante prolungato nel tempo, infatti, legamenti ed articolazioni vengono sottoposti ad alti stress, ed anche tutto il sistema nervoso e metabolico corporeo sono soggetti a forte stress. Inserire qualche settimana di scarico quando è necessario (o con cadenze programmate ogni tot mesi) serve per recuperare e massimizzare il recupero.
    Solo quando non si alternano settimane di carico a settimane di scarico (troppo frequenti), solitamente le settimane di scarico si inseriscono alla fine di cicli allenanti che durano diversi mesi. Possiamo dividere questa fase in:
Scarico attivo, la "regola" più giusta è quella di mantenere i carichi dell'ultimo microciclo, dimezzando le serie (riduzione del volume);
Per scarico passivo (totale), si intende proprio non toccare i pesi, per dedicarsi ad azioni rigenerative come sauna, massaggi, camminate all'aria aperta. E' buona norma effettuare scarico "totale" dopo 3/4 mesi.

In genere al termine di un periodo di scarico di carboidrati è prevista una fase di ricarica di carboidrati, in cui si assumono grandi quantità di carboidrati (in genere ad alto indice glicemico, o in maniera piramidale, cioè con il continuare della giornata si scelgono alimenti a più basso IG) pochissimi grassi, e poche proteine, al fine di ripristinare il glicogeno muscolare e massimizzare la definizione rendendo i muscoli più "pompati").
Durante la ricarica di carboidrati in genere è importante non assumere troppi liquidi che potrebbero compromette la definizione muscolare per l'eccesso di ritenzione idrica (ma queste sono cose che si fanno per le gare), alcuni body builder in questa fase assumono diuretici per eliminare gli ultimi rimasugli di ritenzione e per mascherare alla prova antidoping l'assunzione di anabolizzanti, inutile dire l'effetto deleterio di queste azioni, tra l'altro illegali.

CONOBIOLOGIA, ORMONI E RITMI CIRCADIANI
L'omeostasi è la capacità di mantenere una condizione di equilibrio interno, indipendentemente dalle modificazioni che avvengono all'esterno. Per esempio il nostro organismo è in grado di conservare una temperatura pressoché costante nonostante le continue variazioni climatiche. Tutte queste miriadi di processi necessitano di tempi diversi, vi sono alcuni meccanismi di regolazione a breve termine che si attivano immediatamente.
ormoni circadianiLe concentrazioni plasmatiche dei principali ormoni del corpo seguono un andamento sinusoidale, caratterizzato dall'alternarsi di:

  • Fase crescente
  • Picco massimo (acrofase)
  • Fase decrescente
  • Picco minimo

L'alternarsi di questi stadi può compiersi o essere studiata nell'arco di un giorno (ritmi circadiani), di una settimana (ritmi circasettani), di un mese (ritmi circatrigintani), di un anno (ritmi circannuali)
Anche la prestazione atletica segue una ritmicità circadiana:
I picchi più elevati di temperatura corporea si registrano nel tardo pomeriggio e nelle prime ore serali (16-18). A questo aumento di temperatura si associa un miglioramento delle capacità reattive, della forza esplosiva/massima e del VO2Max. Se si considera che l'ipertermia corporea migliora la velocità di propagazione degli stimoli nervosi ed aumenta il metabolismo facilitando la produzione di energia, si spiega facilmente il miglioramento della prestazione sportiva che essa comporta.
Al mattino si registra invece un miglioramento della capacità intellettiva.
Anche le concentrazioni plasmatiche di alcuni ormoni possono influire positivamente o negativamente sulla prestazione sportiva nelle varie fasi della giornata.

SECREZIONI ORMONALI CIRCADIANE
Il cortisolo è soggetto ad una secrezione basale costante nelle 24 ore, con picco massimo registrato intorno alle primissime ore del mattino (3-4) e picco minimo che coincide con le prime ore di riposo notturno (22-24);
La concentrazione plasmatica del GH raggiunge l'acrofase intorno alle 24 e fa registrare i suoi valori minimi dalle 8 alle 20;
Il testosterone ha il suo apice intorno alle 2-3 del mattino, mentre il picco minimo si registra intorno alle 18;
Il TSH, principale ormone tiroideo, ha un andamento del tutto simile a quello del testosterone.

INFLUENZA DEGLI ORMONI SULLA PRESTAZIONE FISICA, ORARI DI ALLENAMENTO
Il picco di cortisolo determina una maggiore predisposizione del nostro corpo ad utilizzare gli acidi grassi come substrato energetico. Pertanto per dimagrire è utile allenarsi al mattino in condizioni di ipoglicemia.
Per scongiurare eventuali rischi legati a tale pratica, può essere utile portare con sé alcune bustine di zucchero da assumere non appena si presentino sintomi di malessere generale.
Qualsiasi assunzione di cibo antecedente la seduta di allenamento mattutina comporta una riduzione dei livelli di cortisolo annullandone i suoi effetti positivi sulla lipolisi.
Chi vuole dimagrire preservando o addirittura aumentando le proprie masse muscolari, deve inoltre tener presente che l'ipercortisolismo mattutino favorisce il catabolismo degli amminoacidi, processo fondamentale per produrre glucosio e mantenere costante la glicemia.
L'ipercortisolismo cronico favorisce l'accumulo di grasso, specie nella regione addominale, riducendo allo stesso tempo anche le masse muscolari ed innescando un processo catabolico che interessa soprattutto i muscoli degli arti inferiori. Pertanto a chi conduce una vita stressante, con abitudini alimentari scorrette, tale strategia dimagrante è sconsigliata. Per ridurre i livelli di cortisolo è invece importante consumare un'abbondante colazione ricca di carboidrati.
Il profilo ormonale che si insatura nelle ore serali favorisce la glicogeno sintesi, predisponendo il corpo all'accumulo di glicogeno e di acidi grassi sottoforma di tessuto adiposo; ecco spiegato perché è sconsigliabile assumere un pasto ricco di carboidrati a cena. Nelle prime ore notturne si ha invece una predisposizione all'accumulo proteico che favorisce l'anabolismo muscolare.
I ritmi circadiani di questi ormoni possono essere sfruttati a proprio favore anche durante l'allenamento.
Gli ormoni anabolici vengono stimolati durante i primi minuti di attività fisica, specialmente se questa viene eseguita ad un ritmo particolarmente elevato, con iperproduzione e conseguente accumulo di acido lattico. Gli ormoni catabolici si attivano sensibilmente dopo il 45° minuto di esercizio.


TIPOLOGIE DI BILANCIERI
Il "bilanciere", questo incredibile strumento che accomuna un po’ tutte le discipline sportive a base di pesi (quantomeno negli allenamenti) e che ha forgiato nei decenni migliaia e migliaia di guerrieri enormi e spropositatamente forti.
Risulta essere composto d’acciaio. Di acciai ce ne sono diverse qualità, che vedremo poi. Ma come è fatto un bilanciere?
A dire il vero ce ne sono una infinità, di tutte le forme e dimensioni; quello di riferimento è il bilanciere olimpico. Cos'ha di olimpico? Ha che si usa alle Olimpiadi, da qui il nome.
I parametri sono standardizzati, ovviamente:
  • materiale di elasticità ben precisa (in base al tipo di disciplina)
peso 20Kg
  • lunghezza totale 2200 mm
  • lunghezza impugnabile 1340 mm
  • diametro parte impugnabile 28-29 mm
  • diametro perni di carico 49,5mm
  • perni di carico liberamente rotanti rispetto alla parte impugnabile
  • zigrinature come da schema

N.B. le zigrinature possono variare da modelli a modelli e da sport a sport; per il powerlifting la distanza trai segni di zigrinatura è 810mm per avere una presa valida nel bench press, mentre nel weightlifting è 910mm, inoltre alcuni modelli riportano anche una parte centrale zigrinata. Tuttavia per essere regolamentare dimensioni e peso devono essere come descritti.

MATERIALE

Gli acciai in commercio sono molti ed hanno diverse caratteristiche.

  1. Ferro dolce, è l'acciaio standard di carpenteria. Buona lavorabilità, duttile e malleabile ma poco resistente; sotto carico può subire deformazioni plastiche, in pratica un bilanciere fatto con questo acciaio sopra i 150Kg rischia di rimanervi "a banana" ma non si spezza. I più scadenti in commercio fanno questa fine. Della stessa categoria anche se ad uno scalino superiore si trovano gli acciai strutturali come, a maggior tenore di carbonio e dalle caratteristiche meccaniche superiori.

  1. Acciai legati da bonifica, è una categoria di acciai a maggior tenore di carbonio. Molto più resistente, ha una ottima lavorabilità a macchina ed è piuttosto elastico e resistente. Difficilmente deformabile a freddo, sotto stress estremi tende a spezzarsi (non preoccupatevi, nulla che un umano possa sollevare).

  1. Acciai speciali, (come le leghe al Nichel-cromo-molibdeno) sono ancora più resistenti e rigidi, quasi indeformabili dalle sollecitazioni meccaniche. Viene usato anche per la creazione di ingranaggi di macchine sottoposte a stress estremi. Più costoso e meno diffuso.

  1. Acciai inossidabili, sono acciai molto resistenti (e costosi) che hanno la caratteristica di essere inattaccabili dai processi ossidativi, in sostanza non arrugginiscono. Usati solo per i bilancieri più costosi e prestigiosi.

ELASTICITA'
L'elasticità è un parametro che deve essere definito, perché a livello di competizione può fare una differenza enorme. Provate a pensarci, mai viste le alzate olimpiche alla TV? Come flette il bilanciere quando lo slanciano in aria o lo poggiano al petto? Non è che sia perché non hanno trovato un bilanciere migliore che non si pieghi, è fatto apposta, perché quella oscillazione permette di assorbire l'impatto del carico sull'atleta.
Da qui la necessità di codificare anche il coefficiente di elasticità dei bilancieri da parte non solo di ogni sport, ma anche di ogni federazione internazionale della stessa disciplina.
Il diametro impugnatura
Il diametro standard è di 28 o 29mm, che è una misura abbordabile dalla totalità degli atleti: né troppo fine da tagliare le mani, né troppo grosso da non riuscire ad afferrarlo bene. Tuttavia in commercio ci sono molti "ibridi" come quelli da 25mm. Va da se che essendo più sottile è meno resistente ed ha il grosso handicap di tagliare le mani. Non fatevi ingannare dal pensiero "più piccolo=lo stringo meglio" perché a meno che non abbiate mani molto piccole un bilanciere fino finirà per attorcigliarvi la pelle delle dita creando vesciche e strappando calli.

ZIGRINATURA
Cos'è 'sta zigrinatura? Sono tutti quei segni, quelle tacchette, quei granellini incisi sul bilanciere che servono per aumentare il grip, l'aderenza delle nostre mani allo stesso. Dovrebbero essere di ottima qualità, ossia grosse e molto molto ruvide...dico dovrebbero perché alcuni prodotti commerciali più che zigrinature riportano dei disegni a pennarello, lavorazioni totalmente piane e lisce che servono meno che a nulla. 
PERNI DI CARICO

I perni di carico sono quelli dove si infilano i dischi. Nei bilancieri comuni essi possono essere un tutt'uno con la parte impugnabile (quindi 28-29mm) pertanto ci andranno utilizzati dischi con relativo foro, oppure con un diametro maggiore (circa 50mm) su cui montare dischi dal foro superiore. Solo i bilancieri olimpici hanno queste estremità girevoli: ciò significa che se prendete il perno di carico e provate a ruotarlo esso girerà sul suo asse senza muovere né la parte impugnabile né tantomeno il perno dal lato opposto e questo anche con numerosi dischi caricati su. Il vantaggio di questo sistema è che la parte impugnabile è totalmente svincolata dal peso caricato per quanto riguarda la rotazione. Risulta più maneggevole perché lo svolgimento di certi esercizi imprime una rotazione sulla parte impugnabile e grazie a questo meccanismo questo momento di forza non viene traferito ai dischi che altrimenti a loro volta per inerzia continuerebbero a far ruotare l'impugnatura anche quando non ne avremmo più bisogno. Il funzionamento di questo sistema è piuttosto banale: all'interno del perno da 50mm c'è un altro perno, la continuazione della parte afferrabile: le due parti si mettono in contatto tramite una bronzina, una boccola cilindrica incastrata nel pezzo da 50 e che rimane larga sul pezzo da 28-29mm. Il bronzo si usa perché riduce molto l'attrito rispetto al contatto diretto acciaio-acciaio.
FINITURE
Perché i bilancieri non arrugginiscono? O perché sì? Perché il mio ha le estremità rosso rame?
I metalli a contatto con l'ossigeno dell'aria sono soggetti ad ossidazione, ancor più se la reazione è catalizzata da un ambiente umido e magari acido; indovinate come sono le nostre mani? Umide e acide! L'ambiente ideale per divorare il ferro con la ruggine.
Ovviamente i produttori lo sanno e sono costretti ad applicare sui loro prodotti delle protezioni chimiche per evitare che si rovinino.

Cromatura: la più diffusa. In sostanza il bilanciere viene ricoperto elettroliticamente di uno strato di cromo che si lega a livello molecolare profondo con gli strati più superficiali del materiale ferroso. Il cromo è molto meno influenzato dalle ossidazioni quindi funge da protezione, ma proprio perché è un trattamento superficiale abrasioni continue e sfregamenti possono consumarlo. Infatti può capitare che la cromatura piano piano si eroda (specie dove si cariano i dischi, per attrito metallico) e lasci intravedere il substrato di ancoraggio di color rosso rame.

Brunitura: se fatta bene è molto resistente, è in sostanza una "ruggine" naturale dell'acciaio sviluppata tramite un bagno di acidi appositi. Questa ruggine è di colore nero che può tendere al bluastro ed è chimicamente quasi inattiva a contatto con l'aria.

Zincatura: a dire il vero non è quasi mai usata, se non artigianalmente. Di zincature ne esistono diverse tipologie, la più indicata è la zincature elettrolitica. Dal costo molto contenuto rispetto agli altri trattamenti, dona un aspetto metallico tendente all'azzurrino e consiste nel deposito di strati micrometrici di zinco tramite un bagno elettrolitico in sali dello stesso metallo. La zincatura anche se graffiata resiste alla ruggine in quanto graffiandola dai solchi si genera un ossido specifico che continua nella sua protezione antiruggine. L'unico svantaggio è che con il sudore delle mani diventa opaca e grigiastra.

    FAT BAR (barra spessa)

    Un bilanciere con la parte impugnabile molto più spessa del normale, dai 40 fino anche ai 60mm. E' uno strumento creato appositamente per mettere in crisi la presa, esercitandola oltre il normale allo scopo di rafforzarla.

    SWISS BAR (barra svizzera o bilanciere neutro)
    È un bilanciere a più impugnature che si può afferrare con le mani in posizione "neutra", la cosiddetta presa a martello. Buono per varianti di curl e rematori.

    EZ BAR (bilanciere EZ o bilanciere angolato)
    Un bilanciere piegato in più punti; lo scopo è simile a quello della barra swiss, ossia poterlo afferrare con una presa non consueta. Per la sua conformazione si può prendere in mano con una presa intermedia tra la prona e la neutra oppure anche tra la supina e la neutra. Si usa per complementari come curl e french press.

    TRAP BAR (o quadra bar)

    Bilanciere speciale costruito per poter eseguire il cosiddetto "squat lift". In pratica l'utente ci si reca all'interno e afferrandolo può sollevarlo senza dover spostare la traiettoria verticale dello stesso (come invece accade col bilanciere classico).





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